giovedì 9 febbraio 2012

QUESTIONI DI PECORE

Leggiamo cosa ci dice don LucianoRuga (foto) Moderatore Generale dei Silenziosi Operai della Croce da "Editoriale" - Rivista "L'Ancora" n. 02 - 2012 Alla porta del re potente si avvicina chi può. Attraverso la porta del re amante, entrano tutti. Ogni manifestazione tende a suscitare una risposta analoga. Chi ostenta potere, tende a suscitare il medesimo atteggiamento nei propri interlocutori. Anche la persona più debole e misera, avvicinandosi al re potente, cerca di ricevere il potere: ottenere favori, risorse che non possiede, elargizioni. Al tempio potente dell’antico Israele ci si recava con le debite osservanze e purificazioni. Nel luogo più santo entravano solamente i sacerdoti. Vi era molta distanza tra il popolo e Dio. Certamente non sono mancati coloro che hanno occupato questo spazio, prosperando nei loro interessi personali. Gesù testimonia l’immagine di Dio come di un re totalmente differente, che non manifesta potere ma amore. Anche in questo caso la risposta che viene suscitata nel popolo è analoga a quanto offerto. Il dono d’amore suscita risposte di amore. La persona debole e misera, che si accosta al re amante, riceve un dono impegnativo. Non avrà accolto pienamente quanto le è stato offerto, fino a quando lei stessa non sarà capace di donare agli altri. Il re amante non ha un tempio, né vi sono riti e prescrizioni per guadagnarsi l’incontro con lui. Il Vangelo di Giovanni presenta, al capitolo 10, delle immagini particolarmente efficaci per far comprendere il Dio cristiano. Per parlarci dell’amore infinito del Padre, Gesù sceglie esempi dalla pastorizia e paragona se stesso alla porta dell’ovile (v. 7-10) e al pastore delle pecore (v. 11-18). Attraverso la porta tutte le pecore possono entrare e uscire e trovare pascolo, nutrimento, vita. Seguendo il pastore il gregge è libero di accedere alla vita. Di più: entra in comunione di vita con il pastore. Gesù, infatti, è la vita stessa e le immagini del vangelo di Giovanni descrivono la nostra partecipazione alla vita di Gesù, a quello stesso amore che è suo e del Padre, nello Spirito Santo. Gesù presenta se stesso come unica porta e unico pastore. Non vi altro ingresso al recinto delle pecore. Chi vi giunge da altre parti non ricerca il bene del gregge: è “ladro o brigante”. Non vi è altro pastore che condivida con il gregge la pienezza della vita. Chi vuole condurre le pecore per interesse proprio è un mercenario. Considera soltanto il proprio guadagno, i soldi che riceverà. Davanti al pericolo il mercenario fugge, perché non ha interesse per le pecore. Il pastore invece da la vita per il gregge. Non solo cura la vita del gregge, conducendolo al pascolo e custodendolo. Fa molto di più: ama, fino a donare la sua vita per il gregge. Per questo l’insegnamento di Gesù è liberante, perché sottrae il gregge alla paura di perdere la vita. Vita derubata dalle limitazioni, dal senso di colpa, dalle temute inosservanze. Vita definitivamente perduta nel momento della morte, giudicati da un re potente e severo. Dal recinto dove il popolo era stato rinchiuso dall’autorità religiosa di quel tempo (e di ogni tempo), Gesù conduce il popolo verso pascoli sconfinati ed erbosi, nella libertà. Non costituisce un’altra istituzione, parallela e comunque schiavizzante. Non si tratta di un cambio di recinto. Non si passa dalla corte di un re potente a quella di un re ancor più potente. Si entra nella porta del Regno di Dio amante della vita. Si impara ad amare come lui, ogni giorno, in ogni situazione. LucianoRuga da "Editoriale" - Rivista "L'Ancora" n. 02 - 2012

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